Certificato di agibilità - mancanza al momento del contratto definitivo - legittimo il rifiuto di stipulare - aliud pro alio - inadempimento del promittente venditore

17 marzo 2015

(Trib. Milano, sez. VI, sentenza del 9 gennaio 2015, n. 1488, in Pluris)

In materia di inadempimento al preliminare di vendita, la mancanza del certificato di abitabilità dell'immobile alla data fissata per la stipula del rogito notarile costituisce un grave inadempimento che legittima la risoluzione del contratto preliminare e la condanna della parte promittente venditore al pagamento del doppio della caparra ai sensi dell’art. 1385 c.c..

A tal fine, il Tribunale di Milano, richiama precedente giurisprudenza della Corte di Cassazione che aveva affermato che «nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto poiché vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità; pertanto, il mancato rilascio della licenza di abitabilità integra inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell’art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza» (Cass., 25 febbraio 2002, n. 2729; Cass., 11 febbraio 1998, n. 1391; Cass., 20 gennaio 1996, n. 442; Cass., 14 dicembre 1994, n. 10703).

Nel caso concreto, la parte promittente venditrice aveva adito l’autorità giudiziaria lamentando l'inadempimento del promissario acquirente all'obbligo assunto con il preliminare di vendita di stipulare, entro un termine essenziale, il contratto definitivo, rivendicando il suo diritto a trattenere la caparra versata.

A sua volta, il promissario acquirente, costituitosi in giudizio, aveva eccepito il grave inadempimento del promittente venditore derivante dallo stato dell’immobile che risultava non regolare dal punto di vista urbanistico, nonché, lamentava di aver ricevuto documentazione incompleta del bene; a tal fine, chiedeva la riduzione del prezzo (actio quanti minoris) o, alternativamente, la possibilità di recedere dal contratto, con condanna del promittente venditore a versare il doppio della caparra.

Quanto alla mancanza del certificato di abitabilità, il Tribunale di Milano evidenzia come “nella vendita di beni immobili viene in rilievo l’interesse dell’acquirente ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere una determinata funzione economico-sociale e quindi a soddisfare i concreti bisogni che inducono il compratore all’acquisto: conseguentemente, il requisito del certificato di agibilità è essenziale ai fini del legittimo godimento della cosa venduta e la mancanza di tale documento, al momento della diffida ad adempiere, costituisce grave inadempimento del venditore” (Cass., 27 novembre 2009, n. 25040); in particolare, la previsione secondo la quale il bene viene accettato "nello stato di fatto e di diritto in cui si trova" non implica anche l’accettazione della mancanza del certificato di agibilità dell'immobile poiché la sola conoscenza del suo mancato rilascio al momento della stipulazione, non accompagnata da una espressa rinuncia al requisito dell'abitabilità, non vale ad escludere l'inadempimento del venditore.

Quindi, la mancanza del certificato di abitabilità legittima il rifiuto della parte promittente acquirente di corrispondere ulteriormente il prezzo di acquisto degli immobili (Cass. Civ., n. 13225 del 2008) e giustifica la pronuncia di risoluzione del contratto preliminare (Cass. Civ., n. 14899 del 2011), con conseguente condanna del promittente venditore al pagamento del doppio della caparra: si tratta infatti di fattispecie riconducibile al cd. aliud pro alio (vendita di bene che non ha le caratteristiche pattuite).

Infine, un altro aspetto analizzato dai giudici e considerato come “grave inadempimento” ha riguardato la mancata conformità della planimetria allo stato dell’immobile, ai fini dell’art. 19, comma 14, L. n. 122 del 2010, il quale ha aggiunto il comma 1-bis all'art. 29, L. n. 52 del 1985, in base al quale gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, (...) devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie".

Trattandosi di una norma volta a contrastare l’evasione fiscale, l’Agenzia del Territorio con la Circolare n. 2 del 2010 ha chiarito che, nell'ipotesi in cui la planimetria non riproduca fedelmente la configurazione reale attuale dell'immobile, per operare la dichiarazione di conformità occorre presentare denuncia di variazione con nuova planimetria aggiornata dello stato reale dell'immobile: tale obbligo sussiste nel caso in cui la variazione incide sullo stato, la consistenza, l'attribuzione della categoria e della classe, a seguito di ristrutturazione, ampliamento, frazionamenti, annessioni.

Poiché nel caso di specie esisteva una difformità tra le risultanze della visura catastale (che contava 6 vani) e la reale consistenza del bene (7 vani), il Tribunale ha ritenuto legittimo il rifiuto del promittente acquirente di addivenire alla stipula in quanto ci si trovava in una situazione in cui appariva probabile la violazione di
una norma imperativa di legge.

Alla luce di quanto detto, secondo il Tribunale di Milano, non si poteva dar luogo ad esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c., con condanna del promittente venditore a versare il doppio della caparra.

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