di Angelo Busani e di Manuele Lucchini Guastalla
È una donazione nulla, per mancanza di atto pubblico, il bonifico di una somma di denaro effettuato per spirito di liberalità, e cioè senza che l’operazione bancaria sia motivata dal fatto di essere il pagamento di un prezzo di un bene acquistato o di un servizio ricevuto dal beneficiario del bonifico.
Lo affermano le Sezioni unite della Corte di cassazione con una sentenza 18725 del 27 luglio 2017 destinata a essere menzionata nei manuali universitari perché effettua una netta linea di demarcazione tra due situazioni il cui confine è spesso assai sfumato: la donazione «diretta», per la quale il Codice civile prescrive la forma dell’atto pubblico a pena di nullità, al fine di costringere il donante a pensare a ciò che sta facendo; la donazione «indiretta», con la quale si arricchisce il patrimonio del donatario senza formalismi. È, quest’ultimo, il caso classico dei genitori che pagano il prezzo dovuto dal figlio per comprare un appartamento.
Un’evidente conseguenza di una donazione nulla è che se poi il donante muore, i suoi eredi hanno diritto a farsi restituire la somma donata dal donatario, a prescindere dal fatto che la donazione sia, o meno, lesiva dei diritti di legittima: donazione nulla infatti significa che il bene donato non è mai uscito dalla sfera giuridica del donante e che, quindi, egli (o, appunto, il suo erede) ha il diritto di pretenderne la restituzione. Se invece si abbia una donazione valida - come accade nel caso della donazione indiretta o della donazione diretta stipulata con atto pubblico - occorre che essa sia lesiva della quota di legittima per poter essere contestabile dagli eredi del donante.
Si spera ora che della sentenza tengano conto anche i giudici tributari e i funzionari fiscali e che, dunque, non si abbiano più sentenze come quelle (ad esempio le sentenze di Cassazione 634/2012 e 22118/2010) che hanno ritenuto dovuta l’imposta di donazione nel caso di trasferimento informale di denaro tra nonni e nipoti (anche minorenni !) o tra genitori e figli: se la donazione è nulla per mancanza del prescritto requisito formale, nemmeno si può pretendere l’applicazione dell’imposta di donazione, per manifesto difetto di capacità contributiva.
Né si può affermare che l’imposta di donazione si deve applicare, come l'imposta di registro, anche agli atti nulli (articolo 38, Dpr 131/1986), in quanto queste imposte presuppongono appunto un “atto”, ciò che appunto manca nel caso del trasferimento di denaro mediante bonifico.
Per le Sezioni unite si ha dunque donazione “diretta” (e, pertanto, la necessità dell'atto pubblico) quando ci sia un «passaggio immediato per spirito di liberalità di ingenti valori patrimoniali da un soggetto a un altro»: questa situazione è evidente nel caso del bonifico bancario, nel quale la banca agisce come mero esecutore di un ordine impartito da un suo correntista.
Altra situazione nella quale è evidente il carattere diretto della donazione è quella della consegna brevi manu di un titolo al portatore (ad esempio, un libretto bancario o postale) oppure nella emissione di un assegno, bancario o circolare, a favore del donatario.
Si ha invece – secondo le Sezioni unite – una donazione indiretta, priva del requisito formale (la sentenza 18725/2017 ha infatti anche il merito di contenere una articolata elencazione di tutti questi casi, ben motivati uno per uno):
- con il cosiddetto contratto a favore di terzo che si configura, ad esempio, versando una somma su un conto cointestato e, quindi, in sostanza, arricchendo il cointestatario che beneficia dell’altrui versamento;
- con il pagamento di un debito altrui (si pensi al genitore che paga il mutuo del figlio);
- con il pagamento di un prezzo dovuto da altri (si pensi al genitore che paga il prezzo dell'appartamento che viene intestato al figlio);
- con la vendita di un bene a un prezzo irrisorio (che è una donazione per la differenza tra il valore del bene e il prezzo pagato);
- con la rinuncia a un credito a favore del debitore.
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